mercoledì 2 novembre 2016

ℛecensione ▸ ACCABADORA di MICHELA MURGIA

BUONDÌ amici lettori e amiche lettrici, spero che abbiate passato una serena festività ieri, io l'ho passata in famiglia. È una delle cose che adoro delle feste. Lo stare tutti insieme, anche se confusionariamente. Siamo una famiglia molto rumorosa. Anche se oggi è mercoledì e quindi a rigor di logica dovrei postare un nuovo appuntamento con la rubrica WWW, ho deciso di parlarvi della mia ultima lettura, ACCABADORA. Il libro di oggi è stato il protagonista del GDL che io e Ross abbiamo organizzato per il mese di ottobre e devo dire che mi è piaciuto moltissimo.

ℛecensione

Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno. Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come "l'ultima". Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo. "Tutt'a un tratto era come se fosse stato sempre così, anima e fili'e anima, un modo meno colpevole di essere madre e figlia". Eppure c'è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c'è un'aura misteriosa che l'accompagna, insieme a quell'ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte. Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell'accabadora, l'ultima madre.

Scoprire Accabadora grazie a un'amica di mia nonna quest'estate è stata la cosa più bella che potesse capitarmi. È un libro molto particolare, ad iniziare dallo stile di Michela Murgia. La sua prosa è ben curata, attenta, colorata, profumata. Leggendo A. ho avuto come l'impressione che ogni termine fosse stato scelto attentamente dall'autrice per trasmettere una precisa sensazione e emozione, un preciso messaggio. È un volumetto cortissimo (163 pagine) che, per la ragione di cui poche righe sopra, a mio parere, non si lascia leggere velocemente. Impone un ritmo di lettura lento. Nonostante sia scritto con uno stile molto scorevole più volte durante la lettura ho sentito il bisogno di rallentare, come se, per apprezzare l'opera, si rendesse necessario un maggiore sforzo di attenzione. Una maggior pacatezza. Come se comprendere bene il perchè di ciascuna parola fosse necessario ad afferrare il messaggio che l'autrice vuole trasmettere. Un po' come quando si legge una poesia e perdere una delle parole di cui si compone potrebbe compromettere l'esperienza di lettura stessa, perchè ne intaccherebbe il messaggio. Le parole sono incatenate l'una all'altra. Un'altra cosa che mi ha affascinata sin da subito è la sinergia che si viene a creare tra la trama e la tradizione sarda. Michela Murgia incastona nella trama elementi della tradizione sarda in maniera assolutamente naturale (la storia dei dolcetti, l'usanza della cena delle anime, i rituali per guarire dal morso dell'argia), senza interrompere il racconto degli eventi principali nè spezzare il ritmo della narrazione. Una delle tematiche principali di A. è proprio l'eutanasia (e la morte), introdotta dalla figura dell'accabadora, l'ultima madre.
... Anche io avevo la mia parte da fare, e l'ho fatta. 
-E quale parte era?
-L'ultima. Io sono stata l'ultima madre cha alcuni hanno visto.
Una sorta di levatrice all'incontrario. Una figura misteriosa e interessante. Molto eningamtica. A tal proposito devo dirvi la verità, mi aspettavo che questa tematica fosse molto più presente all'interno della storia, in realtà si è rivelata una presenza molto delicata, sfumata, che  aleggia tra le pagine del volumetto così come la figura dell'accabadora stessa. Sempre vestita di nero. Accabadora è un turbinio di emozioni e sensazioni. C'è poco da dire, la Murgia è capace di creare immagini bellissime con le parole. È quel genere di storia da cui sai che inevitabilmente imparerai qualcosa e mi è piaciuto tantissimo che sin da subito si respiri un'atmosfera di nuove scoperte. Ho apprezzato soprattutto quelle pagine in cui a far da protagonisti sono soprattutto gli insegnamenti che Tsia Bonaria trasmette a Maria, la sua figlia dell'anima.
-Ti ho picchiato perchè mi hai detto una bugia. Le mandorle si ricomprano, ma alla bugia non c'è rimedio. Ogni volta che apri bocca per parlare, ricordati che è con la parola che Dio ha creato il mondo.
Ho apprezzato tanto il rapporto che si crea tra le due protagoniste. Tzia Bonaria è una donna molto intelligente ed enigmatica, e cerca di trasmettere, con tutte le sue forze, a Maria, abituata a valere meno che nulla,  ciò che la vita le ha insegnato. Come ad esempio che è bene dotarsi di "armi" valide nella vita per non rimanerne schiacciati. È stato bello vedere crescere la piccola Maria e soprattutto vederla acquistare spessore e indipendenza. E a tal proposito A. ha anche un po' del romanzo di formazione. Voglio spendere un paio di paroline anche per il finale, che ho trovato perfetto, pur se un filino ambiguo, sospeso. Solitamente non apprezzo i finali che non danno una conclusione ben precisa alle vicende ma in questo caso l'ho trovato pienamente calzante e adeguato. È un po' come se l'autrice in realtà non volesse dare un'opinione definitiva sul tema dell'eutanasia. Io l'ho interpretato come una sorta di sospensione di giudizio da parte di Michela Murgia. E questa cosa mi è proprio piaciuta. Proprio perchè per tematiche serie come questa non esiste giusto o sbagliato, non esistono pareri definitivi. O perlomeno non si dovrebbe avere la presunzione di esprimerne. Superconsigliato!

 QUATTRO STELLINE

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UN BACIO

3 commenti:

  1. Ho incontrato la Murgia un anno fa con Chirù, che però ho apprezzato poco. Mi spiego meglio: ho apprezzato poco la trama e i personaggi, mentre mi è piaciuto molto lo stile dell'autrice. Elegante, curato e pacato :)

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    1. Lo stile è proprio uno degli elementi che mi ha fatto adorare questo libro :)

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